Genoma – grande sorpresa sul numero dei geni

Grande sorpresa sul numero dei Geni

La giornata dell’alfabeto della vita

 

Lunedì 12 febbraio è stata la giornata della presentazione pubblica del progetto genoma, quello che è già stata definito l’appuntamento storico con l’alfabeto della vita. Presentati ufficialmente in conferenze stampa a Washington e a Londra, per la prima volta, infatti, sono stati resi accessibili a tutti i dati relativi al patrimonio genetico dell’uomo.

Sono state due le riviste che hanno permesso tale presentazione: Nature, che ha pubblicato i risultati ottenuti dal gruppo internazionale che ha lavorato al progetto Genoma Umano, e Science che ha, invece, divulgato i risultati ottenuti dalla Celera, l’azienda privata di Craig Venter che nella primavera scorsa ha annunciato per prima il sequenziamento del genoma umano.

Conoscere il numero dei geni e la loro posizione vuol dire avere le coordinate per cominciare un viaggio senza precedenti alla ricerca delle istruzioni necessarie a costruire un essere umano. Queste sono contenute nella molecola a doppia elica Dna (acido desossiribonucleico), ripiegata nei cromosomi. “Sarebbe stata un’azione criminale impedire l’utilizzo pubblico dei dati di queste ricerche”: ha affermato John Sulston, uno dei padri britannici del progetto Genoma, nella conferenza stampa di Londra.

Numerosi, c’era da immaginarselo, i commenti. Sono stati, innanzitutto, dei risultati che hanno fatto letteralmente balzare sulla sedia molti ricercatori. La prima grande sorpresa è stata nel numero dei geni, molto meno numerosi del previsto: non circa 100.000 come ci si aspettava, ma fra 28.000 e 40.000 (accorpando le stime dei due gruppi di ricerca). Vale a dire che i geni umani sono appena il triplo rispetto ai 13.000 del moscerino della frutta (Drosophila), circa il doppio rispetto ai 18.000 del verme Caenorhabditis elegans e quasi un terzo in più di quelli di una piantina, l’Arabidopsis thaliana, che ne ha 26.000.

Questo significa che se i geni dell’uomo sono meno numerosi del previsto e non troppo lontani da quelli di organismi semplici, come il moscerino o il topo, a fare la differenza sarebbero i meccanismi con cui il Dna funziona e si è sviluppato. Durante l’evoluzione frammenti di informazione genetica si sono combinati in modi sempre diverso, come se un appassionato bricoleur utilizzasse parti di vecchie automobili per costruirne di nuove.

“Secondo questa immagine l’evoluzione nasce per caso, ma è logico che quando la natura riesce a trovare qualcosa di utile non la butta via”, ha detto il direttore dell’istituto di Tecnologie biomediche avanzate del Cnr a Milano, Paolo Vezzoni. Il fatto che l’uomo abbia molti geni in comune con organismi molto più semplici significa, ha aggiunto Vezzoni, che “molto di quello che succede nell’uomo si può studiare anche nel topo o nel moscerino della frutta”. Si apre cioè la via a una sorta di genetica comparata che potrà aiutare a comprendere meglio sia come funziona l’organismo  umano, sia l’origine di alcune malattie, come quelle ereditarie o alcune forme di tumore.

Sapere quanti geni ha l’uomo e come funzionano permetterà inoltre di riscrivere l’evoluzione. E chissà, con i mezzi sofisticati, uno sforzo internazionale e un po’ di coraggio che permetta di puntare sulla ricerca con investimenti adeguati, sarà possibile ripercorrere una seconda volta il viaggio di Charles Darwin alla ricerca dell’origine delle specie.

A cura di E.S.

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