RICERCA
Tutti nasciamo musicisti, solo qualcuno lo diventa
Una ricerca dell’Università del Wisconsin-Madison
“Signori si nasce e io modestamente… lo nacqui” disse Totò a suo tempo in uno splendido sketch passato alla memoria. Una frase che calza a pennello anche con lo studio effettuato dagli psicologi statunitensi dell’Università del Wisconsin-Madison e pubblicato sulla rivista Developmental Psychology, sul cosiddetto “orecchio assoluto”, ossia la capacità degli individui di riconoscere le note musicali.
Attraverso un ingegnoso sistema, gli studiosi sono arrivati alla conclusione che tutti gli esseri umani alla nascita posseggono l’abilità di riconoscere i suoni senza aver alcun elemento di riferimento (come potrebbe essere, ad esempio, un diapason) solo che, la maggior parte perde per strada questo “skill”, a parte qualche caso. Gli esperimenti sono stati effettuati su dei bambini, che dovevano ascoltare una canzona di tre minuti eseguita solamente con campanelli. Quindi sono stati suonati nuovamente piccoli pezzi del brano, solo che questa volta erano manipolati dal computer.
In alcuni casi le variazioni erano basate su cambiamenti di note “assolute”, in altri su modiche marginali. Ebbene se i bambini avevano già ascoltato quella musica, e quindi la riconoscevano, allora distoglievano rapidamente l’attenzione per dedicarsi ad altro, se invece la trovavano nuova restavano ad ascoltare i piccoli pezzi più a lungo.
L’esperimento è stato ripetuto su un gruppo di adulti, e le differenze sono immediatamente saltate agli occhi. Infatti, mentre questi ultimi si sono dimostrati abilissimi a riconoscere le modifiche “marginali” delle note, i bambini sono stati più bravi ad individuare le differenze assolute. Questo significa che i bambini sono normalmente capaci di riconoscere note musicali senza un precedente riferimento, però perdono questa capacità con la crescita.
Secondo Jenny Saffran, coordinatrice dell’equipe di ricerca, c’è un motivo ben preciso per la perdita dell’orecchio assoluto in quasi tutti gli adulti. “L’orecchio assoluto – spiega la scienziata – è una forma di organizzazione troppo precisa. Se usassimo solo quello, non potremmo effettuare una generalizzazione dei suoni. In altri termini, non saremmo in grado di riconoscere “Buon compleanno” suonata in due tonalità diverse, o magari la parola “tazza” pronunciata da un uomo o una donna”. Insomma per la vita di tutti i giorni è molto più utile un orecchio relativo piuttosto che uno assoluto che sarebbe solo uno spreco di risorse cerebrali.
Però si può mantenere la vecchia bravura che si aveva da piccoli. Studi precedenti hanno infatti dimostrato, prevedibilmente, che nelle persone che hanno studiato uno strumento musicale già dalla primissima infanzia la percentuale di quelli dotati di orecchio assoluto è molto più alta del normale.
A cura di E.S.